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TRINITÀ DELL’APPUNTAMENTO – Serendipity mon amour

TRINITÀ DELL’APPUNTAMENTO – Serendipity mon amour

Estratto dal libro Elogio della puntualità di Andrea Battista e Marco Ongaro Giubilei Regnani Editrice 2014

Dipende dalla persona o entità con cui lo si è preso. Per stabilire se sia o meno una pazzia, al buio o in piena luce, è indispensabile conoscere chi vi si dovrà incontrare. L’esito è ignoto a prescindere dalla puntualità, se l’altro è ignoto. L’identità di chi si incontra determina la previsione e consapevolezza delle modalità, dei tempi, la precisione stretta o lasca dell’orario, il margine di sicurezza generale entro cui si opera nel contratto verbale più volatile e volubile del mondo: l’appuntamento.

 È fondamentale essere consapevoli di averne fissato uno. Sembra una leggerezza, ma sono tanti i casi in cui un rendez-vous è fissato a insaputa degli interessati. Ne sono piene le fiabe, la letteratura, le cronache. Quante volte si credeva di avere un appuntamento con qualcuno mentre lo si aveva invece col destino? E quante volte si ignorava di avere un appuntamento che la sorte aveva in serbo per il rivoluzionario cambiamento di un’esistenza? Il caso vive di queste puntualità sommerse, se ne nutre per rendere varia la vita degli umani e mantenerli interessati allo svolgersi del tempo e al dispiegarsi della geografia.

Potendo, è consigliabile sapere con chi ci si incontrerà. La puntualità segue vie imperscrutabili, fissare un’ora e un luogo precisi non sempre corrisponde a prendere un appuntamento con chi si pensa d’incontrare. L’esito può essere fatale come fortunato. L’accidente scaturito dall’equivoco può essere letale o gioioso. Il neologismo serendipità nel suo significato esteso significa “trovare qualcosa mentre si sta cercando una cosa diversa”, e illustra bene l’accezione di “accidente felice” apparentabile a un incontro fortuito dovuto a una corrispondenza mancata.

Serendipity deriva da Serendip, antico nome dell’isola di Sri Lanka, già Ceylon, che Horace Walpole ha introdotto in una lettera a Horace Mann nel 1754 a proposito del romanzo Peregrinaggio di tre giovani figlioli del re di Serendippo di Cristoforo Armeno, pubblicato nel 1557, i cui protagonisti facevano scoperte importanti in modo assolutamente casuale. Esempio “saccheggiato” insieme allo Zadig di Voltaire da Umberto Eco nella costruzione delle portentose capacità  inferenziali di Guglielmo da Baskerville nel suo Nome della rosa. Il termine ha in seguito assunto un carattere epistemologico tale da qualificarlo come scientifico sotto la seguente definizione: “Lo scoprire casualmente e in modo imprevisto un fenomeno d’importanza fondamentale durante prove o esperimenti effettuati per tutt’altro scopo, o fondati su basi teoriche del tutto estranee alla scoperta”. Il che la dice lunga sul valore insospettato di qualche imprecisione nel fissare un appuntamento.

Avere un’idea chiara del luogo in cui deve avvenire l’incontro non è meno importante. Lo sfasamento, quando non lo sfalsamento dello spazio è responsabile dei peggiori malintesi in merito al tempo, suo fratello inscindibile. Dati due individui o entità e stabilita la necessità del loro congiungersi, la precisione con cui si decide lo spazio in cui l’evento si dovrà verificare è essenziale in fatto di puntualità quanto la precisione inerente al tempo. È inutile insistere sull’orario, se ci si sta sbagliando sulle coordinate geografiche.

È qui che il classico equivoco teatrale “della moglie e della vacca” riserva le più cocenti sorprese. La spalla parla della vacca che tiene nella stalla mentre il comico crede che stia parlando della moglie. L’effetto rimane esilarante solo sulle assi del palcoscenico, se trasferito alla vita può sortire risultati tutt’altro che divertenti. Uno degli interlocutori parla di un luogo mentre l’altro allude a un posto del tutto differente. Staranno entrambi ad aspettare inutilmente biasimando l’altro per la scarsa puntualità fino al successivo, si spera non troppo tardo, chiarimento.

I luoghi potrebbero essere anche molto vicini, sui due lati della stessa strada, il che causerebbe un disappunto ancora maggiore. Da qui si può trarre una massima preziosa di cui tener conto all’atto della stipulazione verbale di un appuntamento: più minuscolo è il disguido e più chi ne è vittima si sente sciocco. Fallire un incontro per essersi dato appuntamento in due diverse città omonime risulterebbe meno grave, per l’esorbitanza spaziale del quiproquo, rispetto a un incontro impedito per un’inezia intraurbana. Un macroerrore sminuisce la dabbenaggine di chi vi incappa, una piccola ingenuità invece la ingigantisce.

Lo stesso vale per gli accordi sugli orari. Per quanto estremo, non è detto che fissare un rendez-vouz per le 8, senza specificare se anti o post meridiane, convinca entrambi i contraenti sulle medesime coordinate temporali. Io stesso sono stato protagonista di un simile fraintendimento, attendendo inutilmente davanti a una basilica alle 18 una bella signora abbastanza romantica da essersi recata all’appuntamento con un anticipo di 12 ore esatte. Entrambi si è stati puntuali ed entrambi si è nutrito il dubbio sulla buonafede dell’altro, solo più tardi sulla sua intelligenza, e di certo pari è stato il rispettivo sentimento di delusione. Se invece di usare l’orario anglosassone – improvvidamente sprovvisto di a.m. e p.m. – ci si fosse regolati in base al linguaggio europeo che divide il giorno in 24 ore, ambedue le vite avrebbero preso forse direzioni diverse.

Il senso della fatalità incombe comunque su un malinteso di simili proporzioni, scusando un po’ ciascuno per la mancata ottemperanza all’impegno. Ma se l’appuntamento prevede d’incontrarsi a un dato orario e uno dei due per qualunque ragione si sbaglia di una semplice ora o anche solo di mezza, la contrarietà aumenta a dismisura. Questo naturalmente in fase di spiegazione e chiarimento successivi, poiché durante l’attesa, le varie gradazioni di bollore emotivo (di cui si tratta più estesamente altrove) attraverseranno comunque il consueto percorso da 0 a 1000.

Riassumendo, gli elementi base per la riuscita di un appuntamento nella sua fase principale, quella dell’incontro, formano un triangolo equilatero di impossibile disgiunzione. Ogni angolo dipende dall’altro e lo influenza con l’inscindibile esattezza di una vera e propria Trinità:

  1. La persona o l’entità con cui ci si incontra
  2. Il luogo
  3. Il tempo

Ognuno di questi punti può rivelarsi essenziale o esiziale per il buon fine di un incontro. Mancando uno di essi, l’incontro non può aver luogo. Per quanto elementare all’apparenza, tale fenomenologia merita di essere trattata ampiamente per il peso che ogni variante apportata ai tre angoli può assumere sull’esito di una pretesa puntualità.

Incontrarsi in due luoghi differenti non è meno apprezzabile che incontrarsi a due differenti orari né con entità o individui diversi da quelli attesi. La sbadataggine in uno dei tre lati si ripercuote inevitabilmente sugli altri due abbassando o innalzando, a seconda del risultato in termini di serendipità, il tasso di successo dell’abboccamento. Allo stesso modo, la perfezione di uno degli elementi della trinità contagerà di perfezione anche i due rimanenti.

Se l’entità da incontrare è l’Essere Supremo, per fare un esempio, ogni luogo e ogni momento sarà buono. Un luogo ideale per un appuntamento renderà puntuali gli individui impegnati a incontrarsi. Trovarsi sulla spiaggia di un’isola di sogno sarà più agevole che nelle profondità di una miniera di tungsteno. D’altro canto, un orario proibitivo non favorirà la buona realizzazione di un appuntamento, a dispetto della gradevolezza del luogo e delle persone coinvolte.

La trattazione della puntualità presenta dunque risvolti scientifici come qualunque altro teorema geometrico, fisiologico o psicometrico. La sensibilità alle variazioni può essere misurata su uno spettro di considerevole ampiezza e su una scala a valori pressoché infiniti.