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JE T’AIME… MOI NON PLUS – Andirivieni d’amore…

…tra Jane Birkin e Serge Gainsbourg

Articolo di Marco Ongaro  per la rivista 
Inchiostro 

Uno special televisivo su Serge Gainsbourg, a Parigi. Una di quelle trasmissioni celebrative del genio dopo la sua morte. Non che lui non avesse goduto di riconoscimenti in vita, anzi. Ma se li era tutti guadagnati. Eppure pareva non averne mai abbastanza, ruminava e bruciava alcol e sigarette come non dava posa all’intelletto. “Uno scorticato vivo”, lo definiva Jane Birkin sullo schermo. Uno che amava la vita e la scioglieva nell’acido, potremmo anche dire. Il grandissimo successo di Je t’aime… moi non plus, tanto frainteso all’estero quanto naturale in Francia. Moi non plus significa neanch’io. Vallo a dire a chi di qua delle Alpi è ancora convinto che voglia dire io non più, oppure io di più com’era stato cantato nella versione italiana. La grandezza poetica di un uomo che alla donna innamorata nel bel mezzo dell’atto sessuale risponde neanch’io è troppa perché una mente semplice la possa abbracciare. C’è il potere e la debolezza, c’è la consapevolezza di Casanova e la coscienza della fatuità del sentimento coronato dal piacere. Il Grande Veneziano dichiarava amore eterno, s’inerpicava su promesse irraggiungibili e vagheggiava impossibili matrimoni quand’era animato dal demone del desiderio. Lo faceva senza mentire, poiché sapeva che quel sentimento era la menzogna che si consuma nella verità dell’attimo. Ciò che sarà poi non è dato saperlo, e pure il sentimento della donna che dichiara in quell’attimo il massimo amore è passibile di decadenza, quando non di scadenza. Ecco come una promessa d’amore rimane vera anche di fronte a ogni postuma evidenza contraria. Questa era la genialità di Casanova, questo era il motivo per cui le donne gli cedevano: si sentivano sinceramente amate. Con loro condivideva onestamente l’effimero dell’amore passionale, la sua caducità intrinseca. E questa stessa era la consapevolezza espressa in gran parte della poetica di Leonard Cohen, che già nel 1966 cantava in Hey, that’s no way to say goodbye :

Ti ho amata nel mattino
I nostri baci caldi e profondi
I tuoi capelli sul cuscino
Come una dorata tempesta dormiente
Molti hanno amato prima di noi
Lo so non siamo nuovi
In città e nelle foreste
Hanno sorriso come noi
Ma ora ci siamo allontanati
E dobbiamo entrambi tentare
I tuoi occhi sono bagnati di tristezza
Ehi, non è questo il modo di dirsi addio

Non sto cercando un’altra
Mentre vago per il mio tempo
Accompagnami fino all’angolo
I nostri passi faranno sempre rima
Sai che il mio amore viene con te
Come il tuo amore resta con me
È solo il modo che cambia
Come il mare e la battigia
Ma non parliamo d’amore o di catene
E di cose che non possiamo sciogliere
I tuoi occhi sono bagnati di tristezza
Ehi, non è questo il modo di dirsi addio

Ma come? L’ha amata nel mattino e sono già all’addio? Già nell’apice dell’amplesso se ne consuma lo scioglimento. Non per rivalità o dissapori. Non è una questione di lei o lui o un’altra o un altro. Si tratta dell’amore in sé che, come canta ancora Cohen nella sua Ballad of absent mare, “è come fumo senza via di scampo”. Siamo a pochi passi dal 1968, l’addio è sull’uscita del rapporto sessuale, appena finito ci si saluta per sempre. Comunque dopo essersi espressi l’amore nell’acme erotico.

Nel 1968 – tale era l’anno previsto per l’uscita di Je t’aime… moi non plus nella versione con Brigitte Bardot poi passata al 1969 con la Birkin – Serge Gainsbourg oltrepassa il confine e guarda la realtà in faccia. Non quella dell’attimo, ma quella del tempo compreso in tutta la sua interezza. Il momento dell’incanto è già avvolto dalla vacuità, dal marciume. Come Baudelaire guarda il bel viso di donna che ha di fronte senza riuscire a togliersi dagli occhi l’immagine del futuro teschio divorato dai vermi, così lo chansonnier osserva il futuro di un amore forse mai nato, arso nell’atomo di tempo logorato nella passione.

Lei: Ti amo, ti amo
oh sì, ti amo

Lui: Neanch’io

Lei: Oh amore mio
Lui: Come l’onda irrisolta

Vado vado e vengo
Tra le tue reni
Vado e vengo
Tra le tue reni
E mi trattengo

Lei: Ti amo ti amo
Oh sì ti amo

Lui: Neanch’io
Lei: Oh, amore mio
Tu sei l’onda, io l’isola nuda
Tu vai e vieni
Tra le mie reni
Tu vai e vieni
Tra le mie reni
E io ti raggiungo

Lei: Ti amo, ti amo
Oh sì ti amo
Lui: Neanch’io
Lei: Oh, amore mio
Lui: L’amore fisico è senza uscita

Vado e vengo
Tra le tue reni
Vado e vengo
Tra i tuoi fianchi
E mi trattengo
Lei: no adesso continua
vieni

Il poeta sente che lei gli dice che lo ama perché sta facendo l’amore, perché sta andando e venendo tra le sue reni nel tentativo di unirsi, raggiungerla, farsi raggiungere. Ma tutto questo è già finito, è un’illusione. Il sentimento che lei dice di provare ora è eterno quanto l’atto che stanno compiendo. Solo la ripetizione donerà loro la speranza di una perpetuità impossibile. Potranno rifarlo, sì, e proveranno forse le stesse meravigliose sensazioni, ma fino a quando? Qui Serge Gainsbourg affonda il verso decisivo: L’amore fisico è senza uscita. L’andirivieni non porta da nessuna parte, quell’intensità è già inganno. Appena passato, nel languore che segue l’amplesso, quando si vorrà fumare, mangiare qualcosa o bere un bicchiere di vino, tutto avrà assunto già i contorni del ricordo confuso col sogno. L’avrà davvero amato? Sarà mai stata sincera?

Gainsbourg decide di non conformarsi all’ipocrita lettor cui si rivolse Baudelaire e risponde ciò che pensa, ciò che sa. E lo fa da poeta, con tre semplici sillabe: moi non plus, neanch’io. L’ipocrita ascoltatore straniero può illudersi con una traduzione fasulla, può immaginare che senz’altro il cantante intendesse dire anch’io, poiché è più logico, più bello e sopportabile. Ma non fa che negare a se stesso ciò che sa o, più facilmente, preferisce continuare a ignorare. La risposta ribalta la domanda in modo troppo brusco e la cosa avviene in un ambito troppo dolce e sensuale perché si possa permettere alla brutalità della vita di irrompervi impunemente col suo cinismo.  Rispondendo “neanch’io” dichiara la consapevolezza che nemmeno lei lo ama, in primo luogo, che lo sappia o meno. O sta mentendo in preda all’ebbrezza deviante del desiderio oppure è inconsapevole. Non per questo la bugia è meno falsa.

L’uomo Gainsbourg, intervistato in proposito, languidamente accovacciato su un divano a fianco della sua Jane, dopo aver lanciato su vinile per il mondo intero lo scandalo del suo rapporto sessuale con la donna amata, risponde con magistrale ironia: “Sono un uomo molto pudico, per cui quando lei mi dice che mi ama non oso rispondere anch’io”. L’inventore della canzone erotica con tanto di sospiri e gemiti ha la spudoratezza di definirsi pudico. Fino a dove può spingersi l’ironia di un genio?

In verità si tratta di effettivo pudore. L’artista sente che sarebbe davvero spudorato solo se rispondesse anch’io a una menzogna tanto implicita. Jane dopo alcuni anni non ne può più di una vita fatta di notti bianche, alcol e sigarette. Un mattino se ne va lasciando un biglietto in cui lo implora di non cercarla. Forse non aveva torto il poeta. I poeti non hanno torto né ragione: sentono, tutto lì.

LEONARD COHEN – La leggenda del famoso impermeabile blu

LEONARD COHEN – LA LEGGENDA DEL FAMOSO IMPERMEABILE BLU

Articolo di Marco Ongaro pubblicato sulla rivista Inchiostro

Da Atene in traghetto il 14 aprile 1960 Leonard Cohen arriva a Idra, isola di scrittori e artisti espatriati, sei anni prima dell’uscita del suo romanzo Belli e perdenti (Beautiful losers), e sette anni prima dell’esordio come folksinger con l’album Songs of Leonard Cohen, che lo renderà celebre nel mondo. Questa è una delle versioni del mito, che in quanto tale varia di fonte in fonte, nessuna abbastanza autorevole. Secondo una di esse a Idra Cohen sarebbe già stato nel 1959 grazie a un premio di 2000 dollari del Canada Council e vi avrebbe scritto il primo romanzo Il gioco favorito (The favourite game). Secondo un’altra nel 1960 avrebbe acquistato una casa sull’isola grazie ai 1500 dollari di eredità della nonna. Questioni di contabilità che non influenzano il nucleo del discorso, appunto leggendario.

Insieme agli scrittori e pittori che come lui hanno trovato asilo sull’isola, Cohen frequenta la drogheria del porto, dove incontra Marianne Ihlen, quella che non farà che essere lasciata e separarsi da lui in canzoni dell’album di esordio come So long Marianne e Hey, that’s no way to say goodbye. Sempre a Idra conosce la cantante Julie Felix che lo accompagnerà con chitarra e voce proprio in un’esecuzione televisiva di quest’ultima canzone. Gran viavai di ragazze per il latin lover canadese. Sempre a Idra amerà anche la non meglio identificata Jane, la misteriosa protagonista femminile della canzone Famoso impermeabile blu (Famous blue raincoat), comparsa nell’album Songs of love and hate (Canzoni di amore e odio) pubblicato nel 1971. Ma andiamo per gradi, come si addice ai miti e alle leggende, soprattutto nell’atto di svelarne i supposti retroscena.

Nel 1977 Serge Doubrovsky pubblica il libro Fils e lo definisce opera di autofiction, termine da lui creato per raccontare la propria vita come avventura del linguaggio. A distinguere e precisare questo genere di narrativa è la coincidenza dell’autore, del narratore e del protagonista raggruppati sotto lo stesso nome. Doubrovsky è autore di Fils, ne è il narratore interno e il protagonista. Cosa c’entra questo con il brano Famoso impermeabile blu? Basta scorrere il testo della canzone fino alla fine e lo si capisce. La canzone è una lunga lettera, firmata in calce: Sinceramente, L. Cohen. Sinceramente è una formula epistolare anglosassone di provata efficacia, riferita al destinatario della missiva ma anche all’ascoltatore che, nel riconoscere la firma anagrafica dell’autore e sentendogliela proprio cantare, tocca con mano la sincerità dell’operazione come pure del contenuto del testo. Ora, è peculiare del procedimento di autofiction indicare a un tempo l’autorialità smaccata e la dichiarata finzione e la formula coniata da Doubrovsky ne reca testimonianza nella costruzione combinatoria da parola macedonia, mezza autobiografia e mezza finzione, che ne rappresenta il senso. L’autore si infila di persona nella finzione con la pretesa di renderla più vera e contemporaneamente disorienta nell’affermare la propria sincerità in un’opera dell’ingegno, nel caso di Cohen costituita da due forme artistiche convenzionali, la canzone e la lettera. Dante Alighieri è autore, narratore e protagonista della Divina Commedia, non per questo ogni cosa che compare nei suoi versi, al di là delle allegorie, può essere considerata strettamente veritiera, anzi. L’elemento identificativo dell’autore non ne garantisce la sincerità. Cohen si firma: Sincerely L. Cohen per attribuire credibilità alla lettera scritta nella canzone, usando una formula riconosciuta nel linguaggio epistolare, ma questo potrebbe rappresentare un semplice espediente artistico. D’altro canto non è l’unica intrusione del suo nome in una canzone. Ne La ballata della cavalla assente (The ballad of absent mare) che chiude l’album Recent songs del 1979 il folksinger si fa chiamare Leo dalla sua bella nell’ultima strofa, con un tocco squisitamente autofinzionale che gli permette di chiudere la canzone saltandone fuori a piè pari. Ma non basta un nome a rendere autobiografico uno scritto e nel caso di Famous blue raincoat la veridicità è talmente schiacciante da apparire paradossalmente incomprensibile.

Molti sono gli elementi realistici che ingannano abitualmente gli esegeti del Famoso impermeabile blu privi dell’effettiva chiave di lettura, posta dall’autore sotto gli occhi dell’ascoltatore come La lettera rubata di Poe eppure nascosta nelle interviste al punto di individuare l’impermeabile come un Burberry effettivamente acquistato dall’autore a Londra qualche tempo prima e poi rubatogli nel 1970. Tali elementi sono sotto gli occhi di tutti, si diceva, ma sfuggono all’indagine di chi ignora alcuni indizi che andremo presto a esaminare. Prima di tutto il testo completo.

Sono le quattro del mattino, alla fine di Dicembre
ti sto scrivendo adesso giusto per sapere se stai meglio
New York è fredda ma mi piace dove vivo,
La musica in Clinton Street va avanti tutta la sera
Ho sentito che stai costruendo la tua piccola casa nel profondo del deserto
Stai vivendo per niente adesso, spero tu tenga qualche tipo di diario

Sì, e Jane ritornò con una ciocca dei tuoi capelli
Disse che gliel’avevi data tu
quella notte in cui pianificaste di chiarirvi
Sei poi diventato chiaro?

Ah, l’ultima volta che ti abbiamo visto sembravi così invecchiato
Il tuo famoso impermeabile blu era strappato a una spalla
Eri stato alla stazione a prendere ogni treno
E poi sei tornato a casa senza Lili Marlene
E hai offerto alla mia donna una scheggia della tua vita
E quando è tornata indietro non era più la moglie di nessuno
 
Bene ti vedo là con una rosa tra i denti
L’ennesimo zingaro smilzo e ladro
Bene, vedo che Jane si è svegliata
Ti manda i suoi saluti

E cosa posso dirti
Fratello mio, mio assassino
Cosa ti posso mai dire?
Immagino che mi manchi, immagino di perdonarti
Sono felice che tu sia stato sulla mia strada

Se ti capita di ripassare, per Jane o per me
Bene, il tuo nemico sta dormendo e la sua donna è libera
Sì, e grazie per il turbamento che le hai tolto dagli occhi
Credevo sarebbe rimasto là per sempre
quindi non ci ho mai provato

E Jane ritornò con una ciocca dei tuoi capelli
Disse che gliel’avevi data tu
Quella notte in cui pianificaste di chiarirvi
Sinceramente,  L Cohen

Non si può analizzare questo testo senza fare attenzione ad alcuni segnali che lo stesso Cohen non ha mai menzionato per ragioni che non è nostra intenzione indagare. Primo fra tutti il Famoso impermeabile blu che dal titolo del brano lampeggia come una spia accesa.

Nel 1967, il filosofo e scrittore L. Ron Hubbard fonda la Sea Org, l’Organizzazione del mare, che costituisce l’élite della Chiesa di Scientology sorta nel 1952 dall’evoluzione religiosa della filosofia applicata in ambito mentale e spirituale chiamata Dianetics. La divisa degli ufficiali della Sea Org è connotata ancor oggi da un inconfondibile impermeabile blu. La Sea Org fu fondata nel 1967 e inizialmente si trovava a bordo di alcune navi. Fu istituita per aiutare L. Ron Hubbard a condurre le sue ricerche sulle antiche civiltà e a occuparsi dell’organizzazione delle sue chiese nel mondo. La nave su cui Hubbard e la sua élite incrociavano allora si chiamava Apollo. E proprio dalla nave ammiraglia Apollo la leggenda vuole scendesse un giorno a Idra un ufficiale con il suo bell’impermeabile blu, indumento destinato a diventare famoso quale simbolo dell’Organizzazione del mare di Scientology, e incontrasse Jane, oltre a Leonard, divenendone amico.

Una volta accettata come verosimile questa “voce di corridoio”, basterà il testo della canzone a rivelare e confermare il seguito della storia. Il primo ritornello canta:

Sì, e Jane ritornò con una ciocca dei tuoi capelli
Disse che gliel’avevi data tu
quella notte in cui pianificaste di chiarirvi
Sei poi diventato chiaro?

Tra Jane e l’ufficiale dall’impermeabile blu nasce evidentemente l’amore. Non un amore qualsiasi, come quello che lo stesso Cohen sapeva certo donare alla sua donna, ma un amore intrecciato alle opportunità di miglioramento personale offerte dalla tecnologia filosofica applicata di Dianetics e Scientology chiamata auditing. Quella notte in cui pianificaste di chiarirvi, in inglese that night that you planned to go clear, è il secondo indizio chiave che attira inevitabilmente l’interpretazione in questa direzione.

È dal sito ufficiale della Chiesa di Scientology che deriva la seguente definizione di Chiaro, Clear: “Clear è il nome di uno stato raggiunto tramite l’auditing e descrive un essere che non ha più la propria mente reattiva, fonte nascosta di comportamenti irrazionali, paure irragionevoli, turbamenti e insicurezze. Senza mente reattiva, le persone riacquistano la loro personalità fondamentale, l’autodeterminazione e, in sostanza, diventano molto, molto più se stessi”.

Il verso La notte in cui pianificaste di chiarirvi, o di diventare Clear, nella lettera scritta da Cohen al fratello/assassino che quella notte stette con la sua donna, è seguito dalla domanda esplicita: Did you ever go clear? Sei mai diventato Clear? Evidentemente nemmeno l’ufficiale gentiluomo aveva ancora conseguito quello stato di essere e la pianificazione di raggiungerlo insieme era il canto di una sirena accordata sul desiderio di cambiamento che animava Jane.

Da questo momento in poi le informazioni personali, già concrete nella prima strofa (New York il luogo da cui scrive, fine dicembre la data, Clinton Street la via nei pressi dell’abitazione) diventano dati strettamente legati all’avvenimento nell’andirivieni tipico di una sapiente narrazione. Ho sentito che stai costruendo la tua piccola casa nel profondo del deserto / Stai vivendo per niente adesso, spero tu tenga qualche tipo di diario che chiudono la prima strofa danno l’idea dell’abbandono dello scopo di raggiungere lo stato di Clear da parte dell’ufficiale, probabilmente allontanatosi dalla Sea Org dopo il dubbio comportamento tenuto proprio in quella circostanza. Basta Scientology, isolamento nel deserto, vita senza più scopo, altro che pianificare il miglioramento personale. La compassione del vincitore spinge Cohen a suggerire al rivale di tenere almeno un diario, forma di terapia elementare per compensare la perdita dell’amore e dell’obiettivo di miglioramento che si era posto con Jane. Ulteriore allusione alla decadenza dell’ufficiale venuto dal mare è l’inizio della seconda strofa in cui si menziona appunto il famoso impermeabile per registrarne la sopravvenuta sciatteria. Ah, l’ultima volta che ti abbiamo visto sembravi così invecchiato / Il tuo famoso impermeabile blu era strappato a una spalla. Quello strappo mostra la degradazione prima della rovina. L’invecchiamento è conseguenza della sconfitta e del dolore. Non per niente a incontrarlo alla stazione in cerca di un amore occasionale sono loro, Leonard e Jane: L’ultima volta che ti abbiamo visto. D’altro canto Jane è tornata da Leonard, e non solo con una ciocca di capelli del poveretto, lo si evince chiaramente dalla lettera quando in modo spietato Cohen dice che è sveglia, dunque è lì vicino a lui, e gli manda i saluti. È tornata dopo che l’ufficiale le ha offerto una scheggia della sua vita, è tornata e non è più la moglie di nessuno. Una donna indipendente. È tornata e, lei sì, è migliorata. Qualunque tecnica di auditing le sia stata applicata, ha ottenuto un risultato superiore a quello del povero conquistatore ormai sconfitto. Tanto che Cohen gli dice che se mai ripasserà da queste parti, per Jane o per me, bene, il tuo nemico sta dormendo e la sua donna è libera. Dormire ed essere liberi sono concetti come risvegliarsi o essere schiavi, inerenti a stati di essere che anche con il Buddismo, che Cohen abbraccerà più tardi, hanno certo a che fare. Poco prima non ha forse detto che Jane è sveglia? Concretezza e simbolismo si avvicendano per tornare su un canale unico quando il folksinger si permette di aggiungere un ringraziamento finale: Sì, e grazie per il turbamento che le hai tolto dagli occhi / Credevo sarebbe rimasto là per sempre / quindi non ci ho mai provato. Qui non solo Leonard dà riconoscimento all’ex rivale in amore, ma alla tecnologia stessa che grazie a lui ha tolto quell’ombra dagli occhi di Jane, un riconoscimento vago ma deciso come un esame di coscienza: Cohen ammette di non averci mai provato, perché riteneva non fosse possibile ottenere un simile risultato. Quindi torna a ripetere il ritornello in cui pianificarono di “andare a Clear” e si firma con nome puntato e cognome. L’autofiction è servita e l’enigma pure. Da quel momento in poi, una ridda infinita di interpretazioni, depistaggi e smentite porterà la canzone nell’Olimpo delle più interpretate e delle meno comprese. Dalla Famosa volpe azzurra confezionata da Fabrizio De Andrè per Ornella Vanoni alle ipotesi di un Cohen depresso che parla a se stesso fingendo un triangolo, dalla “notte in cui pensaste di andare lontani” a quella “in cui decideste di smettere di drogarvi”, la mancata chiave di lettura di questo brano arcano ha prodotto infinite esegesi tutte valide e tutte sbagliate. Anche questa nostra ricostruzione mitologica rientra nelle mille cornici costruite intorno a un mistero cantato in forma di lettera sincera. E davvero conta poco come sempre in arte cosa sia vero, si tratti di autofiction o di romanzo verità. Ogni spunto autobiografico è destinato a essere paludato dall’impulso artistico che probabilmente vede più in là della verità stessa.

Una cosa ci sentiamo di dire, concludendo: Leonard Cohen non è mai stato depresso, non più del resto dell’umanità ma spesso è stato lucido, molto più lucido di molti altri umani.