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UN’ELEGIA PER SOUTINE – Miseria e splendore a Montparnasse

UN’ELEGIA PER SOUTINE – Miseria e splendore a Montparnasse

Estratto dal libro Kiki la Modella di Marco Ongaro

(Anordest Editrice 2011)

C’è il nuovo gruppo di artisti in miseria. Le trovano un altro posto, vicino alla stazione, grazie a un innamorato che non sa offrirle niente di meglio di un rifugio con sacchi di sabbia e il proprio cappotto per scaldarsi dalla sera alla mattina. Non basta, si gela in quel piccolo capannone. Una sera è lì insieme alla piccola modella sua amica e il freddo è troppo. Decidono di uscire e andare da un pittore polacco che l’amica conosce. Un uomo che offre tartine e tè senza chiedere pagamenti in natura, assicura la modella. La fame e il gelo spingono le gambe delle due fuori da quella ghiacciaia nel cuore di Montparnasse.

La casa del pittore polacco è occupata, la porta scardinata permette di sentire che dentro c’è già qualcuno che prende tè e tartine, voci e risa femminili si alternano alle gentili offerte del padrone di casa. Le due poverette stanno a gelare sulle scale, aspettando due ore che chi è all’interno se ne vada lasciando il posto a loro. E anche se le tartine e il tè saranno finiti, magari un po’ di caldo resterà ugualmente per le fanciulle intirizzite che non hanno il coraggio di bussare. Quando ogni speranza sta abbandonando la mente di Alice, imbambolata a guardare certe figure sul legno della porta per distrarsi dal principio di congelamento alle dita dei piedi, il rumore di qualcuno che rientra, un vicino, attira l’attenzione. È un pittore anche lui, di origine lituana, un artista che Alice ha già incontrato in giro tempo addietro. La forza della disperazione la spinge a chiedergli di ospitarle per la notte. Senza esitazione, lui le invita a seguirlo.

L’uomo è ancora uno sconosciuto ai più, ma diventerà famoso un giorno e i suoi quadri saranno ben pagati. Alice non può saperlo, non è ancora Kiki, eppure la fama la sta sfiorando attraverso il velo della miseria. Si chiama Chaïm Soutine ed è amico di Amedeo Modigliani, il quale più volte insisterà presso il proprio benefattore Leopold Zborowsky affinché se ne prenda cura. In un ritratto che l’italiano gli farà, il lituano mostra la sua divorante inquietudine nella compostezza di una giacca scura, una camicia bianca, anche se con la cravatta un po’ slacciata, e un ciuffo ordinato di capelli scuri. È la fame a esprimersi su quel giovane volto apparentemente tranquillo, la fame e la miseria ma non solo. C’è tutto il disastro affettivo di un uomo che vive da sempre per l’arte e che dell’arte soffre l’umana incompiutezza. Il mezzo bicchiere di vino sul tavolo contrasta con le mani unite sulle gambe, quasi dovesse tenerle occupate per impedire loro di compiere qualcosa d’irreparabile, come magari finire quel mezzo bicchiere!

Neanche di Modigliani si sa ancora granché nel mondo. Giusto tra Montmartre e Montparnasse la sua fama cresce di giorno in giorno per il genio, per la bellezza e la generosità che lo contraddistinguono. Fuori da quei confini nessuno sa chi sia. Alice è da poco nel giro e conosce solo il lituano. Ha seguito la piccola modella alla ricerca del pittore polacco nella speranza di allentare la stretta del gelo e ora segue lui nello studio disadorno.

Chaïm Soutine influenzerà l’espressionismo austriaco e, nel secondo dopoguerra, artisti come De Kooning e Francis Bacon seguiranno le sue orme. Avrà successo negli anni Trenta, dopo la morte dell’amico Modì, e il suo agente sarà proprio Zborowski. Sotto l’occupazione nazista della Francia, in quanto ebreo, continuerà a spostarsi per non farsi prendere dalla Gestapo. Vivrà nei boschi e avrà ancora la fame e il gelo come compagni, fino a maturare un’ulcera che lo farà tornare a Parigi a morire dopo un tentato intervento chirurgico nell’agosto del 1943.

Adesso si è ancora nel 1917 e le due hanno bisogno di lui per scampare al freddo siberiano. Con un gesto, indica loro il letto. Parla poco, forse risparmia le forze per la debolezza di un digiuno che non sa quando potrà mai finire. Non ci sono tanti mobili nello studio e ancora meno ne resteranno di lì a poco. Si mette freneticamente a spaccare tutto ciò che c’è di legno e lo butta nel fuoco: che aumenti, che bruci, che riscaldi l’ambiente una volta per tutte. Risparmia solo una poltrona di vimini, dove poi si mette a dormire. Che gesto. Chaïm Soutine ha bruciato i pochi mobili a disposizione nel suo atelier per far riscaldare i piedi a due ragazzine. Kiki lo ricorderà sempre.